Perché i vestiti Shein costano veramente poco?

Domanda di: W. Consigli | Ultima modifica: 22 Giugno 2023 - Tempo di lettura: 4 minuti
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In un mercato dominato dai grandi marchi, Shein si è guadagnato un posto di rilievo grazie ai suoi prezzi stracciati.

Cosa si nasconde dietro?

Shein, marchio cinese fondato nel 2008 da Chris Xu, ha una strategia commerciale unica nel suo genere. La società produce direttamente le sue merci nelle sue fabbriche in Cina e le vende al pubblico senza intermediari, abbattendo così i costi di distribuzione. Questo gli consente di offrire prodotti a prezzi incredibilmente bassi rispetto ai grandi marchi di moda.

La chiave del successo di Shein risiede nella sua capacità di fornire una vasta gamma di opzioni ai consumatori. La piattaforma lancia ogni giorno ben 500 nuovi articoli di abbigliamento, offrendo così una selezione in continua espansione per soddisfare i gusti più diversi. Secondo quanto dichiarato sul sito, i prodotti vengono testati inizialmente in una tiratura limitata di soli 50-100 pezzi. Se un articolo diventa popolare, inizia la produzione su larga scala.

Tuttavia, dietro i prezzi convenienti e l’ampia scelta di prodotti, emergono alcune critiche nei confronti di Shein. Uno dei principali punti di critica riguarda lo sfruttamento della manodopera. Questo aspetto oscuro non è specifico solo di Shein, ma è un problema diffuso nell’industria della fast fashion.

La qualità dei vestiti offerti da Shein è un altro punto di dibattito. Alcuni capi sembrano resistenti, mentre altri sono di scarsa qualità e durata limitata. La mancanza di un controllo qualità globale e la produzione di centinaia di modelli diversi in diverse fabbriche nel mondo rendono difficile stabilire uno standard di qualità definito.

Un altro aspetto da considerare è il tipo di materiale utilizzato da Shein. La maggior parte dei prodotti è realizzata in plastica, con una predominanza del poliestere e di altri materiali derivati dal petrolio come il nylon, l’acrilico, il poliuretano e l’elastan. Questa scelta può sollevare preoccupazioni riguardo all’impatto ambientale e alla sostenibilità.

Nonostante le critiche, Shein continua ad attirare milioni di clienti in tutto il mondo. La sua assenza di punti vendita fisici e la presenza online in 220 paesi, combinata con una strategia di marketing influencer potentissima, contribuiscono al suo successo.

Shein rappresenta il fenomeno dell’ultra fast fashion, con tutti i suoi aspetti controversi. Mentre i consumatori apprezzano i prezzi convenienti e l’ampia scelta di prodotti, è importante prendere in considerazione gli impatti sociali e ambientali dietro questa formula di successo. Alla fine, la decisione di acquistare su Shein o meno dipende dalle priorità e dai valori di ciascun individuo.

Ultra fast fashion

L’era dell’ultra fast fashion ha invaso l’industria dell’abbigliamento con una velocità sconcertante, portando con sé una frenesia senza precedenti nella produzione e nel consumo di moda. Questo concetto, conosciuto come “ultra fast fashion”, descrive un modello di business in cui i brand producono e mettono in vendita una vastissima quantità di capi di abbigliamento a prezzi estremamente bassi, ma con una durata di vita molto limitata.

Aziende come Shein si sono distinte per la loro abilità nel lanciare rapidamente nuovi prodotti sul mercato, presentando centinaia di articoli ogni giorno. Tutto ciò è possibile grazie a un sistema di approvvigionamento agile, che sfrutta appieno la produzione a basso costo in paesi come la Cina.

L’obiettivo principale dell’ultra fast fashion è catturare l’attenzione dei consumatori offrendo loro un flusso costante di nuovi prodotti all’ultima moda, spingendoli a compiere acquisti impulsivi. I prezzi bassi svolgono un ruolo fondamentale in questo processo, poiché rendono gli abiti accessibili a un vasto pubblico.

Tuttavia, dietro l’apparente vantaggio di prezzi convenienti si celano molteplici problematiche. Innanzitutto, l’ultra fast fashion alimenta un consumo smodato e una mentalità “usa e getta”, in cui gli abiti vengono acquistati, indossati solo poche volte e poi gettati via. Questo modello di consumo intensivo ha un impatto significativo sull’ambiente, generando enormi quantità di rifiuti tessili e contribuendo all’inquinamento causato dai materiali sintetici utilizzati.

Inoltre, l’ultra fast fashion spesso si accompagna a condizioni di lavoro precarie e allo sfruttamento dei lavoratori. Le fabbriche che producono a ritmi così elevati subiscono una pressione enorme per soddisfare la domanda e rispettare le scadenze, spesso a discapito delle condizioni di lavoro dignitose. Sono stati riportati casi di retribuzioni minime, orari estenuanti e mancanza di diritti dei lavoratori nelle catene di approvvigionamento delle aziende di ultra fast fashion.

Questa realtà ha sollevato preoccupazioni tra gli attivisti per i diritti dei lavoratori, i sostenitori della moda etica e coloro che cercano alternative sostenibili al consumismo di massa. Sempre più persone sono consapevoli dei danni ambientali e sociali causati da questo modello di business, spingendo alla ricerca di modi più responsabili e sostenibili per soddisfare le proprie esigenze di abbigliamento.

L’ultra fast fashion ha trasformato radicalmente l’industria dell’abbigliamento, offrendo ai consumatori capi di moda a prezzi irrisori e un’infinita varietà di scelte. Tuttavia, il suo impatto sull’ambiente, sui lavoratori e sulla stessa concezione di moda sostenibile sta suscitando interrogativi e stimolando una riflessione critica sul modo in cui acquistiamo e consumiamo abbigliamento. È giunto il momento di considerare alternative più consapevoli ed etiche per un futuro più sostenibile.


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