8 marzo Festa della Donna: storie, volti e battaglie. E se fanno successo, “non le hanno viste arrivare”

Scritto da Valentina Fiordaliso, 8 Marzo 2023 - Tempo di lettura: 4 minuti

L’8 marzo è la giornata internazionale della donna, una data che celebra la lotta per i diritti delle donne e ricorda le conquiste sociali, politiche ed economiche ottenute nel corso degli anni. Questa giornata commemora anche l’evento che si svolse nel 1917, quando migliaia di donne scesero in piazza a San Pietroburgo per chiedere la pace, sfidando i fucili dei cosacchi.

#Ilcoraggioèdonna

In occasione di questa giornata, Luce! e tutto il gruppo editoriale, ha raccolto una serie di storie, di battaglie e di contributi che riflettono le rivendicazioni delle donne per i propri diritti, la libertà, l’uguaglianza, la parità e la pace. Ci siamo presi la libertà di poter proporre ai nostri lettori la campagna dedicata a questa giornata, proponendo e linkando gli articoli – che vi consigliamo vivamente di leggere – di tutte le autrici e le scrittici che hanno partecipato all’iniziativa.

La giornata della Donna non deve essere un memoriale, ma un semplice “briefing” che le donne fanno ogni anno per vedere dove si è arrivati, quanta strada c’è ancora da fare e quali sono gli obiettivi per i prossimi anni, perché per la vera parità di genere – anche in Italia – c’è ancora tanto da lavorare. – Programmazione Tv

Tra gli articoli pubblicati, “Le donne in vetta, non le hanno viste arrivare“, scritto da Agnese Pini, che racconta la storia delle underdog della politica, della scienza, della cultura, dell’imprenditoria, che hanno raggiunto traguardi impensabili fino a pochissimi anni fa.

“Voglio dire alle italiane che il fatto di essere sempre o quasi sempre sottovalutate è un grande vantaggio, perché sì, spesso non ti vedono arrivare” – Agnese Pini

Un altro articolo interessante di Letizia Cini è “Otto donne per l’8 marzo: le testimonianze in Luce“, che presenta le testimonianze di otto donne, tra cui Lucia Aleotti, Giusy Versace, Carla Bassu, Francesca Michielin, Arisa, Pegah Moshir Pour, Francesca Vecchioni e Beatrice Paola Fraschini. La copertina è dello street artist Ozmo.

Caterina Ceccuti, invece, ci parla della violenza di genere e della ricerca LUI (Lavoro, Uomini, Inclusione), condotta dalla Fondazione Libellula, che ha intervistato oltre 2mila lavoratori dipendenti e autonomi per esplorare il punto di vista maschile sulla discriminazione e l’equità di genere nella vita lavorativa e familiare.

Barbara Berti, invece, ci presenta la notizia che quattro donne saranno alla guida tra le migliori cinque università al mondo, secondo i dati del World University Rankings 2023, secondo i cui dati Oxford, Harvard, Cambridge e l’Istituto di Tecnologia del Massachusetts (Mit) avranno una donna in presidenza entro luglio di quest’anno .

Maurizio Costanzo, invece, ci lascia in eredità un articolo sul gender gap nel digitale in Italia e delle imprese femminili che investono nel digitale.

Masha Amini, per non dimenticare

Infine, Letizia Cini ci presenta Pegah Moshir Pour, un’attivista e content creator che ha partecipato alla campagna istituzionale dedicata a Mahsa Amini – la donna di 22 anni uccisa perché non indossava il velo -, che ha realizzato uno spot in giro per i media dal 6 marzo, promosso dalla ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella, ideato e realizzato dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria guidato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alberto Barachini, che andrà in onda sulle reti Rai, radio e tv, e sui social. In occasione è stato lanciato l’hashtag #Ilcoraggioèdonna.

Chi era Masha Amini: una giovane iraniana di 22 anni, morta dopo essere stata arrestata dalla polizia di Teheran per non aver indossato l’hijab in modo “appropriato”. La ragazza, che secondo la polizia non copriva completamente i capelli con il velo, è stata fermata il 13 settembre 2022 e portata in caserma per una “lezione di rieducazione”. Secondo il fratello Kiarash, presente al momento dell’arresto, Masha è stata picchiata mentre si trovava all’interno di un furgone della polizia.

La versione della polizia è che la ragazza si sia sentita male durante la lezione di rieducazione e che sia stata immediatamente trasferita in ospedale. Tuttavia, la famiglia di Masha sostiene che sia stata brutalmente picchiata e che il suo decesso sia stato causato dalle conseguenze di queste violenze. Secondo il rapporto medico, Masha ha subito gravi lesioni alla testa e all’addome.

L’uso dell’hijab in Iran è obbligatorio per tutte le donne in pubblico, a seguito della Rivoluzione islamica del 1979. Le donne che non rispettano questa regola possono essere multate o arrestate, come nel caso di Masha. Tuttavia, la maniera in cui l’hijab deve essere indossato è spesso oggetto di interpretazioni diverse tra la polizia e la popolazione.

La morte di Masha Amini ha suscitato molte proteste e indignazione in Iran e all’estero, con molte persone che hanno chiesto giustizia per la ragazza e la fine dell’obbligo di indossare l’hijab. L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha condannato la morte di Masha e ha chiesto un’indagine completa e indipendente sul caso.

Il governo iraniano ha risposto alle proteste sostenendo che l’obbligo di indossare l’hijab è una parte importante della cultura e delle tradizioni del paese, e che la polizia agisce in conformità con la legge. Tuttavia, molti iraniani ritengono che la morte di Masha sia stata causata dalla brutalità della polizia e dalla rigidità dell’interpretazione dell’hijab.

La morte di Masha Amini è un tragico esempio di come l’obbligo di indossare l’hijab in Iran possa portare a violenze e abusi da parte delle autorità. Speriamo che questo caso porti a un dibattito serio sul ruolo dell’hijab nella società iraniana e alla fine della discriminazione e della violenza contro le donne che scelgono di non indossarlo.

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