La Recensione di Mr. Popper’s Penguins: Fascino retrò e il tintinnio dei piccoli piedi palmati torna in prima serata
Sembra che “I Pinguini di Mr. Popper,” un film per famiglie tra i sequel di “Kung Fu Panda” e “Cars,” abbia mancato la moda dei pinguini al cinema di circa cinque anni, anche se forse potrebbe suscitare un revival pinguinesco. In ogni caso, il film, diretto con vivacità e brio da Mark Waters, segna una sorta di ritorno per Jim Carrey, che fa smorfie, balla, fa voci divertenti e riesce a non essere eclissato da mezza dozzina di uccelli non volanti. Gli uccelli – veri pinguini gentoo con abilità potenziate al computer – gracchiano, defecano e camminano per Manhattan, mentre Popper di Carrey, inizialmente infastidito e poi affascinato dalle creature, cerca di gestirli, il suo lavoro, i suoi figli e lo stato della sua anima.
I veterani – coloro con vividi ricordi dei film di “Ace Ventura” di Carrey – noteranno, con un sospiro, che le sue guance gommose hanno perso un po’ di elasticità e il suo volto altamente ha vinto qualche ruga. “I Pinguini di Mr. Popper,” basato sul venerabile e affascinante libro per bambini di Richard e Florence Atwater, rappresenta una fase importante nella maturazione di Carrey, o almeno nella sua transizione da uomo-bambino imbranato a papà goffo. Praticamente ogni comico maschile del cinema deve attraversare questo passaggio in un certo momento: Eddie Murphy ha gestito abbastanza bene per un po’ con i film “Il Dottor Dolittle”. Adam Sandler ha avuto difficoltà con “Coppie di Svitati,” anche se i guadagni al botteghino del film hanno suggerito che le masse di spettatori non se ne sono preoccupate.
E non c’è molto da obiettare in “I Pinguini di Mr. Popper,” un esemplare debolmente divertente di un genere che ha prodotto alcune delle peggiori atrocità del cinema recente. (Pensate che io stia esagerando? Avete visto “Alvin Superstar – Si Salvi Chi Può”?) La trama frenetica è piuttosto standard, con una rivestitura terapeutica morbida attorno a situazioni che potrebbero essere insopportabilmente dolorose o imbarazzanti nella vita reale.
Madeline Carroll e Maxwell Perry Cotton interpretano i figli adolescenti, Janie e Billy, che si trovano a gestire il malcontento generale. Nonostante ciò, si percepisce un clima di buona volontà intorno a loro, poiché sono affascinati dalla trasformazione di papà, che passa da uomo rigido a leggermente pazzo, trasformando il suo appartamento in un parco giochi ghiacciato per il suo gruppo di pinguini.
Ci sono anche alcune pressioni esterne che mantengono l’azione in movimento. I superiori di Popper, assetati di acquisizioni, vogliono il ristorante Tavern on the Green, e il futuro di Popper dipende dalla persuasione della sua riluttante socia doyenne (Angela Lansbury) a venderlo. L’altro è lo “specialista degli uccelli non volanti” dello zoo di New York (Craig Gregg), che, in una mossa che ricorda “La carica dei 101,” cerca di mettere le mani sugli uccelli per motivi discutibili.
Ma le stelle impossibili da eclissare sono i pinguini, una combinazione di veri Gentoos addestrati appositamente per il film e alcune controparti generate al computer. Gli esperti degli effetti speciali mescolano i due in modo impeccabile, rendendo facile credere che non ci sia stata alcuna magia digitale coinvolta, il che è forse il trucco più astuto di tutti.
Gli uccelli forniscono anche gli estremi di slapstick del film, con Carrey mettendo da parte gran parte delle sue buffonate di “Scemo e più scemo.” Anche se la scena d’azione più grande vede gli uccelli interrompere un importante evento di beneficenza al Museo Guggenheim, utilizzando la sua grande rampa a spirale come scivolo d’acqua, i momenti più piccoli sono a volte più soddisfacenti. Come una cena “tranquilla” a casa, con la tavola apparecchiata, e Popper impassibile di fronte al disordine di pesce e alle cattive maniere dei pinguini.
Ironicamente, l’occhio del ciclone è un Carrey molto più contenuto. È quasi come se avesse intuito che le sue grandi acrobazie comiche hanno cominciato a irritare più che divertire il pubblico negli ultimi anni. Tuttavia, nonostante i sei paia di piedi felici e Carrey che tiene a bada le sue labbra elastiche e gli occhi sbarrati, manca quella scintilla – quel tocco di magia che avrebbe reso possibile per “I Pinguini di Mr. Popper” di spiccare il volo.
Trama del film
Trascurato dal padre che gira il mondo, Popper diventa un cinico imprenditore immobiliare, acquistando edifici di rilievo a New York e perdendo il contatto con suo figlio (Maxwell Perry Cotton) e sua figlia adolescente (Madeline Carroll). Deve, oltre a gestire gli uccelli – un lascito del padre, moltiplicato da un errore del servizio clienti – cercare di riconquistare la sua ex moglie (Carla Gugino) e corteggiare una venditrice riluttante (Angela Lansbury) per convincerla a cedere il Tavern on the Green.
L’arrivo dei pinguini precipita la trasformazione di Popper da uomo d’affari teso a, beh, Jim Carrey. Carrey è il tipo di interprete il cui numero di scena supera in modo affidabile il senso psicologico, e la spensieratezza del film nei confronti del suo personaggio principale è una delle sue virtù. Ogni tanto si fa sentimentale, ma sa – Carrey lo sa – che quello che il pubblico vuole da lui è la stupidità. Tra le cose di Popper c’è un set di DVD di Charlie Chaplin, e se può sembrare presuntuoso a Carrey fare il clown in una tale compagnia, sta anche rendendo omaggio a un grande predecessore. I pinguini, in ogni caso, adorano il Piccolo Vagabondo, riconoscendo uno spirito affine o almeno un modo simile di camminare.
Le preziose lezioni passano senza troppe emozioni melodrammatiche, e potete godervi l’osservare i personaggi del titolo, umani ed avicoli, che si divertono nel doppio attico di Popper a Manhattan pieno di neve. Un vicino (David Krumholtz) si oppone, e una complicazione ulteriore si presenta sotto forma di un impertinente responsabile del zoo (Clark Gregg), che nega che i pinguini possano amare il signor Popper. Ma perché non dovrebbero? E perché non dovremmo ridere delle stramberie allitterative della sua assistente, Pippi (Ophelia Lovibond), che infila una serie di plosive in ogni enunciato.
Continua a leggere su ProgrammazioneTv.com