Tra storia e location nel famoso film Operazione San Gennaro
Il 1966 è l’anno in cui è uscito nelle sale “Operazione San Gennaro,” diretto da Dino Risi. Questo film ha riunito un cast di stelle del calibro di Nino Manfredi e Totò, portando lo spettatore in un viaggio attraverso affascinanti location, sorprendentemente, non solo a Napoli ma anche a Roma.
Tra le location più emblematiche del film, il cuore di Napoli è stato un protagonista incontestabile. Il centro storico di questa città, da sempre meta di migliaia di turisti, ha fornito uno sfondo autentico per alcune delle scene più iconiche. Tuttavia, il film ha ampliato i suoi orizzonti e ha abbracciato anche le bellezze di Roma.
Per sfruttare al meglio la luce necessaria per le riprese e per catturare paesaggi ancora più suggestivi, il team di produzione ha deciso di estendere le location anche in altri luoghi della Campania. Questi includono i contesti ampi e pittoreschi delle aree Flegree, che si sono rivelate perfette per la pellicola.
Un dettaglio notevole riguarda la scelta della location che rappresenta la prigione in cui è rinchiuso il personaggio di Totò, Don Vincenzo O’ Fenomeno. Sorprendentemente, questa non è la famosa prigione di Poggioreale nel centro della città, bensì il Castello Aragonese di Baia, una frazione del comune di Bacoli, nella provincia di Napoli. Questa scelta è stata accuratamente ponderata dagli sceneggiatori e dal regista per catturare al meglio l’atmosfera desiderata. Per le scene interne, invece, è stato scelto l’Istituto Vigna Pia a Roma, una location frequentemente utilizzata per le riprese cinematografiche di questo tipo.
Un’altra location iconica in “Operazione San Gennaro” è la casa del personaggio Dudù, interpretato da Nino Manfredi. In questo caso, la produzione ha selezionato tre diverse location per rappresentare la residenza di Dudù. La cupola che si intravede prima di entrare nei dettagli appartiene alla Chiesa dello Spirito Santo nel centro storico di Napoli. La terrazza della villa di Dudù si trova in un palazzo situato tra le importanti Via Toledo e Via dei Pellegrini a Napoli. Il giardino e gli interni della villa, invece, sono stati ripresi in uno dei luoghi più suggestivi di Napoli, la baia di Trentaremi.
L’opera cinematografica spazia anche nella città di Napoli, catturando la magia di alcune delle sue location più iconiche. La Chiesa dei Girolamini, situata all’ingresso di Via dei Tribunali, è stata scelta per simulare la cappella del Tesoro del Duomo di Napoli, dove si trova la statua del santo a cui Dudù rivolge la sua richiesta di furto. Durante la ricerca del tesoro, i personaggi si fermano nella Piazzetta degli Orefici, dove fanno da palo. Le lunghe sequenze dell’inseguimento attraverso il centro storico di Napoli aggiungono ulteriori sfumature alla bellezza della città.
Curiosità
Tra le curiosità più interessanti sulle location di “Operazione San Gennaro” ci sono due scene che sfuggono al contesto di Napoli e si svolgono a Roma e Ciampino. Nonostante l’ambientazione rappresenti Dudù in fuga verso l’aeroporto di Capodichino, queste scene sono state effettivamente girate a Ciampino. Infine, nella frenetica ricerca per fermare Maggie, il personaggio attraversa la scalinata di Via Carmine, situata a Palestrina, nella provincia di Roma.
L’emozionante scena finale di “Operazione San Gennaro” riporta lo spettatore a Napoli, con la processione del santo accompagnata da Dudù e la banda, ripresa al Belvedere di Sant’Antonio a Posillipo, in Via Felice Minucio.
“Operazione San Gennaro” è una pietra miliare del cinema italiano, e gran parte del suo fascino deriva dalla scelta accurata delle location che catturano la bellezza di Napoli e Roma, rendendo il film un’icona del cinema italiano.
Nel vasto panorama delle opere cinematografiche di alcuni grandi registi, esistono film che sembrano rappresentare una parentesi insolita nella loro carriera. Sono pellicole di puro intrattenimento, in cui critici e studiosi faticano a individuare i legami con la poetica elevata di questi autori, che sembrano temporaneamente allontanarsi dalla loro strada consueta. A volte, le ragioni di questi “momenti di pausa” possono essere meramente economiche, oppure possono essere alimentate dalla voglia di sperimentare qualcosa di diverso dopo impegnative produzioni precedenti. Spesso, entrambi questi motivi si intrecciano e si rafforzano reciprocamente.
Ecco due esempi storici di questi “intervalli” nella carriera di grandi registi. Uno di essi è “Sette volte donna” di Vittorio De Sica, del 1967, realizzato dopo opere importanti come “Il boom” del 1963, “Matrimonio all’italiana” del 1964 e “Un mondo nuovo” del 1966. L’altro esempio è “C’era una volta” di Francesco Rosi, anch’esso del 1967, realizzato dopo capolavori come “Salvatore Giuliano” del 1962 e “Le mani sulla città” del 1963. Tra i numerosi altri esempi, vi è anche il film di Dino Risi, “Operazione San Gennaro,” datato 1966, che ha ricevuto giudizi unanimiti da parte di critici e studiosi italiani in quanto a rientrare in questa categoria di “pausa creativa.”
Questa opera è stata creata da Dino Risi, un regista milanese, dopo aver firmato una serie di capolavori che hanno segnato l’evoluzione della commedia all’italiana, da “Una vita difficile” del 1961 a “Il sorpasso” del 1962, da “La marcia su Roma” del 1962 a “I mostri” del 1963, da “Il giovedì” del 1964 a “Il gaucho” del 1964 e “L’ombrellone” del 1965. “Operazione San Gennaro” è una commedia d’intrattenimento estremamente divertente, caratterizzata da un forte tono comico. Si inserisce nella sottocategoria dei film incentrati sulla preparazione e l’esecuzione di colpi audaci, noti come “heist movie” in America. La vibrante ambientazione di Napoli è ulteriormente arricchita dalla presenza di prestigiosi attori dell’epoca, tra cui Nino Manfredi e Totò.
Il film, vagamente ispirato a “I soliti ignoti” del 1958, un capolavoro indiscusso di Mario Monicelli, racconta la storia di tre ladri americani che arrivano a Napoli con l’obiettivo di rubare il tesoro di San Gennaro. Per farlo, chiedono l’aiuto di un esperto locale, l’anziano Don Vincenzo O’ Fenomeno (interpretato da un memorabile Totò, in un ruolo che richiama quello di Dante Cruciani nel film di Monicelli). Nonostante Don Vincenzo sia momentaneamente detenuto, gode di un’enorme considerazione tra le guardie carcerarie, il che gli consente una notevole libertà di movimento all’interno del carcere.
Don Vincenzo consiglia ai tre americani di rivolgersi a un giovane esperto di furti di nome Armandino Girasole, soprannominato Dudù (interpretato magistralmente da Nino Manfredi in una versione napoletana). Tuttavia, Dudù accetta l’incarico senza sapere che l’obiettivo del colpo è il tesoro di San Gennaro, un’icona amata dalla città. Il primo tentativo di rubare il tesoro fallisce in modo imbarazzante, a causa della morte per intossicazione alimentare di uno degli americani durante una festa organizzata dai parenti di Dudù.
A questo punto, gli altri membri della banda americana si vedono costretti a rivelare a Dudù il vero obiettivo del colpo. In preda ai sensi di colpa, Dudù e la sua sgangherata banda si recano in chiesa per chiedere direttamente a San Gennaro l’autorizzazione a compiere il furto. Promettono al Santo che il ricavato verrà utilizzato per il bene di Napoli e dei suoi cittadini più bisognosi. Dopo una serie di divertenti peripezie, il colpo riesce, ma nel finale movimentato il tesoro di San Gennaro torna al suo posto, senza conseguenze per Dudù e la sua banda. Alla fine, tutto si risolve felicemente.
Tuttavia, a detta degli analisti, “Operazione San Gennaro” è stato spesso considerato solo come un film divertente e brioso, ma privo di profondità e merito artistico. Questa semplice valutazione non rende giustizia all’opera di Dino Risi. Prima di esaminare più a fondo il film, è importante ricordare che nei suoi lavori precedenti, menzionati sopra, Risi aveva delineato i profondi cambiamenti avvenuti in Italia in un breve periodo, in seguito al cosiddetto “boom” economico. Questi cambiamenti avevano interessato la cultura, il comportamento e persino l’identità stessa degli italiani, come sottolineato anche da Pier Paolo Pasolini.
Il passaggio repentino dall’agricoltura all’industrializzazione, insieme all’ascesa del consumismo, figlio del neocapitalismo, aveva avviato un processo degenerativo che aveva profondamente influenzato il paese. In questo contesto, Risi aveva puntato il suo dito, in tempo reale, su ciò che stava accadendo in Italia, utilizzando il suo cinismo e la sua ironia, caratteristiche distintive dei suoi capolavori. “Operazione San Gennaro” non è da meno, esso è intriso di ironia e cinismo sin dalla prima scena.
Il film inizia a bordo di un aereo della Pan American, con Senta Berger nel ruolo di Maggie, un membro della banda americana, che arriva in Italia travestita da suora e porta con sé l’attrezzatura tecnologica necessaria per rubare il tesoro di San Gennaro. Questa scena mette in evidenza una chiara contrapposizione: gli americani, una volta visti come liberatori, sono ora rappresentati come ladri di tradizioni e culture popolari, simboli di quanto sia cambiato il mondo a causa del boom economico, compresa la stessa parola “boom.”
Quando gli americani arrivano in chiesa e cominciano a esaminare il tesoro, Risi, attraverso un geniale montaggio alternato, mette in risalto il contrasto tra la devozione dei fedeli, che assistono al miracolo del sangue di San Gennaro che si scioglie, e l’ispezione dei ladri, finalizzata al furto, nei sotterranei della chiesa. Questa sequenza sottolinea fin da subito il tema centrale del film: la lotta tra il sacro e il profano, la cultura tradizionale napoletana e l’avidità capitalistica degli americani.
Napoli, con la sua autenticità e tradizione, diventa un elemento chiave nel film, rafforzando la visione di Risi del cambiamento epocale che stava trasformando l’Italia. Il regista mette in scena uno scontro culturale tra il mondo desiderante e ingegnoso dei napoletani e la tecnologia prepotente e senza scrupoli degli americani. Questo conflitto è evidente soprattutto nelle scene comiche, che mettono in luce le differenze culturali e comportamentali tra i personaggi.
La figura di Dudù, interpretato da Nino Manfredi, incarna la resistenza dei napoletani alle influenze esterne. Anche la madre adottiva di Dudù, che si oppone al suo coinvolgimento nel furto del tesoro, rappresenta la forza delle tradizioni e della comunità. Il film suggerisce che il denaro e il consumismo rappresentano una minaccia per la cultura e l’identità locali, e che l’avidità degli americani non può essere contrastata solo con l’ingegno, ma anche con la difesa delle radici culturali.
La scena finale, con la processione in cui i devoti riportano l’oro e lo rimettono sulla statua di San Gennaro, diventa un momento liberatorio e festoso. In questo modo, Risi sottolinea che la cultura e la tradizione possono resistere all’assalto del denaro e del consumismo, e che ciò che è autentico e radicato nella comunità ha un valore inestimabile.
“Operazione San Gennaro” è molto più di una semplice commedia divertente. È una riflessione profonda sul cambiamento sociale e culturale che ha attraversato l’Italia durante il boom economico. Dino Risi utilizza il suo acuto cinismo e la sua ironia per mettere in luce le contraddizioni di una società in evoluzione. Il film rappresenta una critica sottile ma efficace del consumismo e dell’avidità capitalistica, mentre celebra la forza delle tradizioni e della comunità. A distanza di cinquant’anni, possiamo solo riconoscere quanto Risi abbia previsto e compreso l’evoluzione del nostro mondo.
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