Lutto nel Mondo del Cinema, ci lascia un regista che ha fatto la storia del grande schermo italiano. Vita e carriera
Il 6 settembre 2023 è una data triste per il mondo del cinema, poiché ci ha lasciato Giuliano Montaldo, il celebre regista nato a Genova nel lontano 1930, che avrebbe festeggiato il suo novantacinquesimo compleanno il prossimo 22 febbraio. Fino all’ultimo istante della sua vita, Giuliano Montaldo è stato circondato dall’affetto della moglie Vera Pescarolo, della figlia Elisabetta, e dei suoi due nipoti, Inti e Jana Carboni. In accordo con la volontà della famiglia, non si terranno cerimonie funebri pubbliche. Vogliamo ricordare questo grande maestro del cinema attraverso un’intervista da lui rilasciata ad Avvenire nel 2021.
La carriera di Giuliano Montaldo nel mondo del cinema ebbe inizio settant’anni fa, nella sua città natale, Genova, dove vide la luce nel 1930. Il suo debutto avvenne sul set di “Achtung banditi” diretto da Carlo Lizzani, un film legato al neorealismo italiano. In quegli anni, Montaldo conobbe ex partigiani che avevano creato una cooperativa per realizzare il film, una cooperativa formata dai stessi spettatori che desideravano vedere questa pellicola. Nonostante le sfide e gli ostacoli, riuscirono a portare a termine il progetto, nonostante la censura fosse avversa alla realizzazione di film sulla Resistenza, poiché mettevano in luce le ombre della storia italiana.
Era il 1951, e il giovane e snodato Giuliano, con gli occhi azzurri come il cielo di Roma, si dirigeva a passo spedito verso Cinecittà per realizzare il suo sogno di diventare un regista. Tuttavia, le prime esperienze nella Capitale lo videro interpretare piccoli ruoli da attore in film come “Cronache di poveri amanti” di Lizzani, “Gli sbandati” di Citto Maselli e “L’assassino” di Elio Petri. Durante questo periodo, fece anche da assistente regista in “Kapò” di Gillo Pontecorvo. Finalmente, nel 1961, Giuliano Montaldo ebbe l’opportunità di debuttare come regista con “Tiro al piccione,” tratto dal romanzo di Giose Rimanelli, un film che affrontava la Repubblica di Salò.
Nonostante le sfide e le critiche ricevute, Montaldo fu fortunato nell’amore, poiché incontrò Vera Pescarolo, l’amore della sua vita, che lo ha sostenuto per quasi 62 anni. In un’intervista, Giuliano Montaldo ha affermato di considerarla il suo unico vero capolavoro. Questo amore ha reso più tollerabile l’incertezza e la precarietà del mondo cinematografico.
Un punto di svolta nella carriera di Montaldo arrivò con il trionfo inatteso al Festival di Berlino del 1965 con il film “Una bella grinta,” che ricevette il premio speciale della giuria. Questo riconoscimento portò con sé un premio in denaro di 40mila marchi, che fu equamente diviso tra Giuliano Montaldo, Leo Pescarolo – fratello di Vera – e Renato Salvatori. Nonostante il successo, Giuliano Montaldo ricorda con affetto il suo amico Renato Salvatori, unico attore noto nel cast, che aveva il talento di vincere sempre a carte.
La carriera di Giuliano Montaldo è stata caratterizzata da un impegno costante nella lotta contro l’ingiustizia e l’intolleranza, considerate le radici di molte catastrofi umane. Questo impegno si è riflesso in film come “Sacco e Vanzetti,” un’opera quasi perfetta con musiche di Ennio Morricone e una ballata interpretata dalla voce meravigliosa di Joan Baez. Gian Maria Volontè, un attore geniale e passionale, fu il protagonista di questo film, che si guadagnò il premio come miglior attore a Cannes. Inoltre, Giuliano Montaldo ricorda con affetto e ironia l’esperienza di lavorare con attori come Klaus Kinski e John Cassavetes, che non sempre facilitarono la sua direzione.
Gli Stati Uniti cercarono anche di coinvolgere Giuliano Montaldo nella produzione di western, ma lui preferì cercare storie che potessero esprimere il suo desiderio di combattere l’ingiustizia e l’intolleranza. Questa ricerca lo portò a dirigere film come “L’Agnese va a morire” e “Giordano Bruno,” entrambi con la straordinaria interpretazione di Gian Maria Volontè. Il regista condivide aneddoti umoristici sulla lavorazione di questi film, dimostrando l’amore e la stima che aveva per gli attori con cui ha collaborato.
Il kolossal Marco Polo
Giuliano Montaldo ricorda con gratitudine l’apporto di attori come Burt Lancaster, che lo aiutò a realizzare “Marco Polo,” un kolossal Rai venduto in 42 paesi. Inoltre, condivide l’esperienza di lavorare con Giorgio Bassani per “Gli occhiali d’oro,” un film che cercò di adattare con la massima fedeltà al racconto originale.
Tuttavia, c’è un rimpianto che lo ha accompagnato per gran parte della sua carriera, legato al film “Tempo di uccidere,” basato sul romanzo di Ennio Flaiano. Questo progetto non raggiunse gli standard che Montaldo si aspettava, e il regista ammette che avrebbe voluto poter “riscrivere” questa storia.
La sua ultima regia risale a dieci anni fa, con il film “L’industriale,” in cui il protagonista era Pierfrancesco Favino. Prima di ritirarsi dalla regia, Giuliano Montaldo ha anche recitato in “Tutto quello che vuoi” di Francesco Bruni, dimostrando le sue capacità versatili anche come attore e ricevendo il David di Donatello come miglior attore non protagonista, una vittoria che lo ha emozionato profondamente.
La carriera di Giuliano Montaldo è stata un percorso ricco di sfide e successi, segnato da una costante lotta per i valori dell’uguaglianza e della giustizia. La sua eredità nel mondo del cinema rimarrà indelebile, e la sua passione per il settimo arte continuerà a ispirare le generazioni future. In questa triste occasione, ci uniamo nel ricordare e onorare un grande maestro del cinema italiano.
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